domenica 23 giugno 2013

Une année sans toi

Si era svegliato come tutte le mattine prima del suono della sveglia. La stanza era fredda come le sue lenzuola, eccetto per quel poco spazio che riusciva ad occupare e riscaldare in un letto così grande. 
Si alzò e accarezzandosi le braccia si avvicinò alla finestra tirando le tende. Il palazzo bianco di fronte rifletteva la luce grigia di quella mattina di fine maggio. Si ricordò che in un altro posto, in un altro tempo, a maggio c'era il sole. Si voltò a destra per vedere la sua visuale preferita da quell'altezza. L'insegna del Folies Bergère
Pensò per un attimo alla belle époque, a come doveva essere la music hall nel suo massimo splendore, alle persone che in quel periodo avevano avuto l'occasione di affacciarsi dalla stessa finestra. 
Cercando di scacciare la malinconia, e sempre accarezzandosi le braccia nel vano tentativo di scaldarle, andò in cucina a prepare il caffè. Un tempo c'era qualcun altro a prepararlo per lui e questo secondo pensiero gli fece capire che il leit motiv della giornata non sarebbe stato diverso da quello degli ultimi mesi. 
Con la tazza bollente tra le mani, infreddolito ma deciso a rimanere nudo perchè maggio in fondo è primavera, tornò in camera da letto ed iniziò a lavorare. 
Il lavoro da casa, croce e delizia. No capi, no colleghi, no ritardi o metro da prendere erano le delizie, la continua solitudine era la croce.
Scrisse qualche pagina di getto dimenticando il caffè e dopo la doccia, quando se ne ricordò, tornò in cucina per scaldarlo qualche secondo al microonde. Aveva preso quella tremenda abitudine da qualcuno dei tanti coinquilini conosciuti nel corso degli anni. 
Era triste. Sapeva anche perchè ma non lo ammetteva a se stesso. La cosa peggiore era che non faceva nulla per scacciare quella tristezza, preferiva farsi quasi proteggere da essa. E la cosa lo irritava a morte. Per quanto con gli anni fosse riuscito ad amarsi, quella sua naturale inclinazione che lo portava a condurre una malinconica esistenza faceva scattare in lui l'odio per se stesso. 
Ancora nudo, ma scaldato dalla carezza calda dell'acqua della doccia appena fatta, tornò al computer cancellando le poche pagine scritte prima. Ancora nudo e deluso da se stesso, si rimise a scrivere. Questa volta però niente lavoro.
Scrisse a lui quello che non era riuscito a dirgli quando ancora riscaldava le sue lenzuola, preparava il caffè e lo aiutava, inconsapevolmente, a cancellare ogni traccia di malinconia dalle sue giornate. 



Ti sembrerà strano ma sto ancora qui, a pensare a te e me insieme. Come potrei non farlo? Un anno in fondo non è così tanto tempo. E poi sei ovunque, non ho cambiato nulla in casa da quando sei andato via. Ricordo ancora quella mattina, era più o meno in questo periodo ma faceva caldo, c'era il sole a riscaldare i vetri della finestra al posto della pioggia che li sta bagnando in questo momento. Colazione insieme, un bacio al volo perchè al solito eri in ritardo e quel tuo "Ricordati: alle quattro al Pont d'Arcole!" urlato mentre correvi giù dalle scale. Io rimasi seduto col mio caffè in mano, sorridente, ad ascoltare il rumore della porta che sbatteva. Cominciai a pensare al pomeriggio che avremmo passato nel nostro locale, nell'Ile de la cité, e al regalo che ti avrei dato per farti una sorpresa. Sai cosa? Ancora adesso mi ritrovo a comprare stronzate solo perchè penso che possano piacerti. Che stupido che sono.
Ovviamente non mi stupii del tuo ritardo, ma non avrei mai pensato che non ci saremmo più rivisti. Quel bacio, quella frase urlata e quella porta sbattuta sono e saranno l'ultimo ricordo che avrò di te. Non so perchè ti sto scrivendo, forse perchè vorrei farti sapere che a breve lascerò questa casa, il lavoro, Parigi. Ma a che serve? Forse solo a me stesso, ma non so fino a che punto. 
Mi manchi. Vorrei che tornassi, che mi riabbracciassi per l'ultima volta ma soprattutto che mi togliessi ogni interrogativo. Perchè oltre alla mancanza di te sono i "perchè" a farmi del male. 
Mi manchi. Vorrei che tornassi e mi baciassi per l'ultima volta ma soprattutto che mi giurassi che stavolta non te ne andrai. 
Perchè mi ami ancora e perchè sai che ti amo ancora.


Si asciugò le lacrime col dorso di entrambe le mani, andò in bagno a sciacquarsi il viso e si vestì. Decise di uscire, di lì a pochi giorni sarebbe andato via e probabilmente quella poteva essere l'ultima occasione per camminare tra quelle vie, cariche di turisti affascinati dal romanticismo della Città dell'Amore e gente in uscita da negozi e uffici ormai abituati all'idea di viverci, se mai ne abbiano realizzato la fortuna.
Improvvisamente per strada, camminando senza meta, sperò di incontrarlo girando ogni angolo e guadando ogni singolo viso di fronte a lui.
Si augurò di vederlo abbracciare e baciare qualcun altro pur di non partire con la sola certezza di non poterlo rivedere mai più.

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