venerdì 12 maggio 2006

Finalmente

Un pò di tempo per stare a casa e un pò di tempo da passare su internet senza premura. Era da lunedi che non passavo una sera a casa, un paio di sere sono uscito per sfuggire dalla follia giornaliera e ieri sera invece sono rimasto in ufficio fino a dopo le 23.

Ho sentito Daniela sia ieri che oggi, la casa di cui mi parlava è quella accanto a dove sta adesso. I proprietari sono gli stessi, dovrebbe liberarsi in un periodo che va da fine mese (ci credo poco) a settembre e non sanno ancora nulla sul prezzo perchè i tizi in questione non le dedicano mai più di cinque minuti ogni volta che li incontra.
La casa l'ha vista qualche giorno fa, ma non tutta. Comunque ha tre stanze, una cucina e un bagno: praticamente perfetta per noi tre. Ma purtroppo adesso l'unica cosa certa è che ci vedremo ad agosto e che mi ospiterà lei. Chissà che effetto mi farà andarci solo per una settimana? Ero straconvinto che la mia prossima volta a Roma sarebbe stata la decisiva!

Tornando con i piedi per terra, sono fisicamente distrutto! C'è troppo casino in ufficio, troppo lavoro. Ho fatto così tanto nell'ultimo mese che qualche volta vado in bagno a controllare se sotto i miei vestiti indosso una tutina rossa e blu con una S sul petto.
Però non può durare. Fisicamente so che non posso reggere più di tanto, sono al limite. Dormo cinque ore a notte, passo ore davanti al pc, carico e scarico carta da quella cazzo di stampante continuamente (risme 35x50, mica A4 come quella di casa) e orari di consegne assurdi.

E poi continuo a domandarmi perchè lo faccio. Potrei benissimo uscire alle 19 e tornarmene a casa e invece ogni sera non esco mai prima delle 19,30, per non parlare delle due ore di pausa pranzo inesistenti e delle nottate tipo quella di ieri.
Purtroppo è più forte di me: non riesco ad andarmene sapendo che i miei colleghi restano li a lavorare. Non ce la faccio ad andarmene sapendo di lasciare un casino e sapendo che lo ritroverò la mattina dopo. Però continuo ugualmente a chiedermi perchè lo faccio.
E forse, in realtà, lo so. E forse, in realtà, continuo a mentire a me stesso ignorando il vero motivo per cui lo faccio.

Lo ammetto: amo il mio lavoro.

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